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Cassazione: licenziamento illegittimo se i permessi Legge 104 sono usati per attività complementari all'assistenza del disabile

Con un’importante decisione, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’utilizzo dei permessi previsti dalla Legge 104/92 non può essere considerato abuso se il lavoratore svolge attività complementari e utili all'assistenza del familiare disabile, anche se non direttamente connesse alla cura della persona. Di conseguenza, il licenziamento per motivi disciplinari in tali casi è da ritenersi illegittimo. La sentenza, emessa il 17 gennaio 2023 (Ordinanza n. 1227), rappresenta un punto di riferimento per future controversie legate all'applicazione della normativa.

Il caso concreto
La vicenda riguarda un dipendente di un’azienda regionale di trasporti, licenziato dopo che il datore di lavoro aveva incaricato investigatori privati di verificare come impiegasse le ore di permesso Legge 104. Durante i controlli, era emerso che il lavoratore non si dedicava esclusivamente all'assistenza diretta del familiare disabile, ma svolgeva anche attività come acquisti in negozi. La corte d’appello aveva inizialmente ritenuto che tali comportamenti configurassero un abuso dei permessi, ma la Cassazione ha ribaltato questa interpretazione.

I criteri stabiliti dalla Corte
La Suprema Corte ha chiarito che, per valutare l’uso corretto dei permessi Legge 104, non è sufficiente considerare solo il tempo dedicato all'assistenza diretta (aspetto quantitativo). È necessario prendere in esame anche le attività complementari e accessorie (aspetto qualitativo), purché siano funzionali a rendere l’assistenza efficace e rispondano all’interesse del disabile. Tra queste rientrano, ad esempio:
  • L’acquisto di generi alimentari, medicinali o prodotti per l’igiene personale.
  • Gli spostamenti necessari per raggiungere l’abitazione del familiare.
  • La partecipazione a visite mediche o appuntamenti legati alla cura del disabile.

Il principio chiave
La Cassazione ha sottolineato che la Legge 104 non si limita a tutelare l’assistenza diretta e in presenza, ma include anche tutte quelle attività che, seppur indirette, sono indispensabili per garantire un supporto completo al disabile. Questo approccio rispecchia l’obiettivo del legislatore, che mira a proteggere il benessere e l’inclusione sociale delle persone con disabilità e delle loro famiglie.
Le conseguenze della sentenza
Nel caso specifico, il licenziamento è stato dichiarato illegittimo e la causa è stata rinviata alla corte d’appello per una nuova valutazione, alla luce dei principi stabiliti dalla Cassazione. Il dipendente, ora in pensione, potrà richiedere un risarcimento per le differenze retributive subite a seguito del licenziamento.

L’importanza della Legge 104
La Legge 104 rappresenta uno strumento fondamentale per l’inclusione sociale, garantendo agevolazioni fiscali, permessi lavorativi e un accesso semplificato ai servizi sanitari e assistenziali. La recente decisione della Cassazione rafforza la tutela dei diritti dei lavoratori che assistono familiari disabili, riconoscendo la complessità e la varietà delle esigenze legate alla cura.

Implicazioni future
La sentenza costituisce un precedente rilevante per i casi analoghi, chiarendo che le attività complementari all'assistenza non possono essere considerate un abuso dei permessi. Questo orientamento favorisce una maggiore flessibilità nell'applicazione della normativa, rispondendo alle reali necessità delle famiglie coinvolte.
In conclusione, la Cassazione ha ribadito che l’uso dei permessi Legge 104 deve essere valutato in modo ampio, tenendo conto non solo dell’assistenza diretta, ma anche di tutte le attività che contribuiscono a rendere il supporto al disabile efficace e completo.
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