
Barriere architettoniche in condominio: il decoro non può bloccare l'accessibilità
Una recente sentenza del Tribunale di Verona chiarisce definitivamente: i motivi estetici non possono ostacolare il diritto fondamentale di ogni condomino a rendere accessibile la propria abitazione.
Quando si parla di eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici condominiali, spesso emergono tensioni tra le esigenze di chi ha necessità motorie e le preoccupazioni degli altri condomini riguardo all'impatto estetico degli interventi. Ma cosa prevede davvero la legge italiana in questi casi?
Le regole del gioco: cosa dice la normativa
La legislazione italiana stabilisce regole precise per questi interventi. L'articolo 2, comma 1, della legge n. 13/1989, come modificata dal Decreto Semplificazioni (D.L. n. 76/2020), prevede che le delibere condominiali che riguardano l'eliminazione delle barriere architettoniche (ai sensi dell'art. 27, l. 118/1971 e art. 1, D.P.R. 384/1978) siano approvate con la maggioranza semplificata dell'art. 1120, comma 2, c.c.: maggioranza degli intervenuti in assemblea e almeno metà del valore millesimale dell'edificio.
Nel caso in cui il condominio rifiuti di assumere, o non assuma entro tre mesi dalla richiesta fatta per iscritto, le delibere sopra dette, i portatori di handicap possono installare, a proprie spese, servoscala nonché strutture mobili e facilmente rimovibili e possono anche modificare l'ampiezza delle porte d'accesso (art. 2, comma 1, della legge n. 13/1989).
Il caso che fa scuola: ascensore esterno contro il "no" dell'assemblea
La vicenda che ha portato alla sentenza del Tribunale di Verona è emblematica. Una condomina anziana, insieme al marito con problemi di mobilità dovuti a protesizzazione dell'anca, aveva chiesto di installare un ascensore esterno nel cortile comune per raggiungere il loro appartamento al terzo piano.
L'assemblea condominiale aveva bocciato la proposta, adducendo principalmente ragioni estetiche: l'installazione avrebbe compromesso il decoro della facciata. La signora aveva però presentato un progetto dettagliato per un ascensore silenzioso, in acciaio liscio, progettato per scoraggiare intrusioni e compatibile con i vincoli paesaggistici.
La svolta del Decreto Semplificazioni
Il punto di svolta nella questione è rappresentato dalle modifiche normative introdotte nel 2020. Come ha chiarito il Tribunale di Verona (sentenza n. 1487 del 2 luglio 2025), le modifiche introdotte dal D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito con modificazioni dalla legge 120/2020 del 11 settembre 2020, hanno stabilito che ciascun partecipante alla comunione o al condominio può realizzare a proprie spese ogni opera di cui agli articoli 2 della legge 9 gennaio 1989, n. 13, e 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, anche servendosi della cosa comune, nel rispetto dei limiti di cui all'articolo 1102 c.c.
Questo significa che il diritto all'accessibilità non dipende più esclusivamente dall'approvazione assembleare, ma trova fondamento direttamente nella legge.
I limiti rimasti: solo stabilità e sicurezza
Dopo le modifiche legislative, quali ostacoli possono ancora bloccare questi interventi? Il Tribunale di Verona (sentenza n. 1487 del 2 luglio 2025) ha chiarito che rimangono validi soltanto i limiti previsti dall'ultimo capoverso dell'articolo 1120 c.c.:
- Stabilità del fabbricato: l'intervento non deve compromettere la solidità strutturale dell'edificio
- Sicurezza: non devono essere creati pericoli per gli abitanti
Significativamente, il legislatore ha eliminato altri vincoli che in passato potevano essere invocati, come il rispetto del decoro architettonico (ultimo capoverso art. 1120 c.c.) o la garanzia dell'uso delle parti comuni da parte di tutti i condomini.
La decisione del giudice: diritto riconosciuto
Nel caso specifico, il consulente tecnico d'ufficio aveva confermato che l'ascensore esterno proposto era tecnicamente realizzabile, sicuro per la stabilità dell'edificio, non invasivo per l'uso delle parti comuni e, soprattutto, non lesivo del decoro architettonico.
Il Tribunale ha quindi riconosciuto alla condomina il diritto di procedere con l'installazione a proprie spese, stabilendo un precedente importante: quando un intervento rispetta i parametri di sicurezza e stabilità, non può essere considerato un'innovazione vietata.
Cosa significa per i condomini
Questa sentenza chiarisce definitivamente che:
- Il decoro architettonico da solo non basta per negare interventi di abbattimento delle barriere architettoniche
- La tecnologia aiuta: progetti ben studiati possono conciliare accessibilità e rispetto estetico
- Il diritto è tutelato dalla legge: non serve necessariamente l'approvazione dell'assemblea per procedere
- I costi sono a carico di chi richiede: chi ha necessità di accessibilità si fa carico integralmente delle spese
Come ha precisato anche il Tribunale di Napoli (sentenza n. 3663 del 12 aprile 2025), un condomino ha diritto di apportare a proprie spese modificazioni alla cosa comune per il miglior godimento della stessa secondo l'art. 1102 c.c., purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri condomini di farne uso.
Verso una maggiore inclusività
Questa evoluzione normativa e giurisprudenziale rappresenta un passo importante verso una società più inclusiva. Il messaggio è chiaro: l'accessibilità è un diritto fondamentale che non può essere sacrificato sull'altare delle preoccupazioni estetiche, soprattutto quando la tecnologia moderna permette soluzioni rispettose dell'ambiente circostante.
Per i condomini che si trovano ad affrontare situazioni simili, il consiglio è di consultare tecnici qualificati per progetti che tengano conto sia delle esigenze di accessibilità sia del rispetto dell'edificio, ricordando che il dialogo e la comprensione reciproca rimangono sempre la strada migliore per trovare soluzioni condivise.